La psicologia positiva e il trattamento della depressione
La psicologia positiva per la depressione è volta ad attivare emozioni positive e punti di forza individuali e attribuire significato alla propria vita.

Seligman spiega che la psicoterapia positiva si distingue dagli interventi standard per la depressione perché è volta ad aumentare le emozioni positive, coinvolgere i punti di forza individuali e attribuire significato alla propria vita.
La psicologia positiva: che cos’è e cosa non è
La psicologia positiva è lo studio scientifico di quelle condizioni che portano la persona e la comunità ad uno stato di benessere fisico e psicologico attraverso le emozioni, le esperienze e i tratti individuali positivi. Afferma, in particolare, l’importanza di riuscire a trasformare modalità negative di pensiero in modalità positive, che permettano soprattutto di promuovere la felicità e il benessere.
Questo si concretizza in quello che si chiama intervento positivo: un programma di attività volte a coltivare emozioni, pensieri e comportamenti positivi, che portano a valutare il proprio vissuto e la propria persona in termini positivi. Ad esempio rivalutare la propria giornata considerando tre avvenimenti positivi accaduti; pensare alla propria vita sempre in questo senso o focalizzarsi sui propri punti di forza e impiegarli nelle attività della giornata.
La psicologia positiva nasce dagli studi di Martin Seligman sull’impotenza appresa (1975), termine che si può definire come l’abitudine di interpretare sempre in maniera negativa ciò che succede, al punto che pensiamo di non essere abbastanza capaci per la maggioranza delle cose della nostra vita e non tentiamo nemmeno di affrontarle. Questa modalità si lega molto al pensiero pessimistico che è spesso tipico di coloro che attribuiscono le cause dei propri fallimenti a se stessi, e che quindi molto frequentemente incappano in stati depressivi. Seligman perciò si è chiesto se la stessa catena cognitiva di cause non potesse essere ribaltata sul versante positivo.
La psicologia positiva, tuttavia, non è il pensiero positivo (che comporta il credere ad affermazioni ottimistiche riguardanti il raggiungimento del successo assodato e adattabile ad ogni situazione) ma è invece legata ad un programma di attività scientifica, empirica e replicabile, non considera la positività come la principale modalità di pensiero ma riconosce i vantaggi del pensiero negativo e le circostanze in cui questo è da preferirsi (ad esempio quando è necessario valutare una situazione in modo molto oculato (Alloy & Abramson, 1979). Il pensare positivo ma realistico va sotto il nome di ottimismo flessibile (Seligman, 1990) ed è la capacità di scegliere il modo in cui esaminare le avversità, l’essere in grado di sapere in quali circostanze è opportuno avvalersi del pensiero ottimista senza per questo abbracciare la prospettiva di un cieco ottimismo. L’ottimismo flessibile si può considerare quindi una sorta di equivalente positivo del concetto stesso di impotenza appresa, perché anch’esso si può imparare attraverso l’allenamento all’utilizzo di spiegazioni positive dei propri eventi di vita ma, al tempo stesso, realistiche.
La psicologia positiva nasce con l’obiettivo di modificare il contenuto e la forma del pensiero degli individui, attraverso l’apprendimento dell’ottimismo flessibile, confidando nel fatto che questo influirà sulle loro idee future e le trasformerà in modalità di pensiero positive e adattive.
Il ruolo delle emozioni positive
Le emozioni positive sono uno dei fulcri della psicologia positiva e ci sono numerose evidenze circa il loro effetto sulla regressione dei disturbi mentali e fisici. Tra le ricerche più recenti, quella di Friedrickson e Joiner (2002), che ha messo in evidenza l’esistenza di un effetto delle emozioni positive chiamato a spirale crescente, indicando il fatto che persone con esperienze di pensiero positivo risultano maggiormente predisposte a trovare i significati positivi degli eventi spiacevoli e questo rappresenta il punto di partenza per l’adozione di sentimenti positivi nei confronti degli eventi di vita.
Inoltre, uno studio del 2004 di Tugade, Fredrickson e Barrett su emozioni positive e stili di coping ha messo in evidenza come le persone resilienti sono caratterizzate da una maggiore emotività positiva (un approccio energico alla vita, curiosi e aperti a nuove esperienze) e affrontano le situazioni attraverso emozioni positive, utilizzando il senso dell’humor, il rilassamento e il pensiero positivo in misura maggiore rispetto alle persone non resilienti. Questi aspetti si sono dimostrati centrali nelle modalità di ripresa da situazioni stressanti, in particolare nelle guarigioni da disturbi cardiovascolari, che sono più brevi, e in situazioni potenzialmente ansiogene (ad esempio parlare in pubblico), affrontate con maggiore positività.
L’intervento positivo
Seligman e collaboratori, nel 2005 hanno concretizzato i presupposti della psicologia positiva mettendo a punto una ricerca basata sull’efficacia di un intervento positivo su una popolazione non clinica. Nello specifico, l’intervento positivo è consistito da una serie di attività ed esercizi che i partecipanti dovevano attuare ogni giorno per una settimana (le cui istruzioni venivano fornite attraverso Internet). In particolare, le persone sono state suddivise in 5 gruppi ad ognuno dei quali veniva assegnato un esercizio tra questi: scrivere e poi consegnare una lettera di ringraziamento ad una persona che meritasse un grazie speciale e che non fosse stata ringraziata adeguatamente a suo tempo; di scrivere alla fine della giornata tre avvenimenti positivi accaduti e di cercare di darne una motivazione; di scrivere di un periodo della vita in cui ci si sentiva al meglio, riflettere sui propri punti di forza emersi nella storia e collocare la storia in un posto dove fosse possibile vederla tutti i giorni per una settimana; di prendere atto dei propri punti di forza e utilizzarne uno ogni giorno in maniera diversa. A questi 5 gruppi ne è stato affiancato uno di controll